Chissadove

Quale è il mestiere più difficile? A mio avviso quello del buon genitore. Cercare di esserlo vuol dire avere il coraggio di salpare alla ricerca di un nuovo mondo, equipaggiati solo di mappe approssimate, in balia di un oceano sconosciuto, consapevoli di essere il comandante, pronto anche a naufragare al timone della propria nave.

Ma il buon comandante è colui che teme più per la vita dell’ equipaggio di cui è responsabile che per la propria.chissadove

È questa paura (e non solo) che viene fuori dal racconto dolcissimo e struggente di Cristiana Valentini e Philip Giordano Chissadove.

In mezzo alla collina c’era un albero ricco di piccoli semi che crescevano silenziosi e impazienti di diventare alberi per poter un giorno parlare…

…Per diventare alberi c’è chi volò al caldo sud, c’è chi volò al freddo nord, c’è chi volò, vicino vicino, dentro un vaso su un balcone. E c’è chi andò, lontano lontano, forse a chissadove.

“Oh…” disse l’albero quando vide un piccolo seme attaccato alla sua chioma: “Sei ancora qui? Se non ti sbrighi perderai il vento!” Ma il piccolo seme non si mosse. “Se non ti sbrighi perderai i tuoi amici!”

Niente, il piccolo non si mosse.

L’albero pensò, per incoraggiarlo, che sarebbe stato giusto indicargli la strada. “Di qua o di là? Di sopra o di sotto?” “Ma qual è la strada per chissadove?”

Così l’albero, che aveva il cuore di tenero ciliegio e poca memoria, pensò che sarebbe stato bello avere compagnia su quella collina deserta e gli disse: “Solo un giorno!”

“Ancora un altro giorno!”

“Ancora un altro giorno!”

“Ti proteggerò solo un altro giorno”

… solo un altro giorno!… solo un altro giorno!… solo un altro giorno!

E così fu.

Il piccolo seme non imparò a parlare.

Era contento di crescere all’ombra dell’albero, senza rischiare di perdersi in quel posto sconosciuto dal nome chissadove.

Ma una mattina d’autunno arriva una gazza affamata che porta via con se il piccolo seme,

Ma la gazza fu un po’ precipitosa, così il piccolo seme cadde… chissadove.

Passarono i mesi del sole e del vento.

Un giorno, dall’altra parte della collina, l’albero vide, immerso nel prato… un tronco dritto,

slanciato, color cenere, con una piccola chioma fitta fitta e un cuore di tenero ciliegio.

Ed ecco tutto chiaro all’improvviso: finalmente l’albero capisce dove si trova chissadove.

Anche a noi risulta evidente che non si tratta di un luogo ma di un augurio, della realizzazione di un sogno.

Le parole dell’albero sintetizzano in modo struggente tutto quello che un genitore si augura per il proprio figlio nella speranza che il suo viaggio per chissadove lo porti… Ovunque in un bel prato in compagnia di un fiore!

Valeria Pizzal

http://twitter.com/valeriapizzal

Un Commento

  1. Ma sopratutto lontano dall’ombra di un genitore. altrimenti non si cresce. Bellissimo!!!!!

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